giovedì 7 gennaio 2016

Il Grand Prix di Angoulême travolto da accuse di sessismo


Il Grand Prix de la Ville d’Angoulême è un premio alla carriera che viene assegnato ogni anno in occasione del Festival di Angoulême. È un premio unico, nel senso che esiste una sola categoria: non ci sono il Grand Prix al disegnatore, sceneggiatore, copertinista, inchiostratore… C’è solo un unico Grand Prix assegnato una volta l’anno a un solo autore (ci fu un’unica eccezione nel 2008, quando vinsero Dupuy e Berberian, ma in quel caso era giusto fare uno strappo alla regola), con l’aggiunta sporadica di un secondo Premio speciale di pari importanza (sono stati assegnati Premi speciali in occasione del decimo, quindicesimo, ventesimo e quarantesimo anniversario del Grand Prix, un Premio speciale del millennio nel 1999 e un Premio speciale vinto dalla rivista Charlie Hebdo nel 2015).
Il Grand Prix è stato vinto da autori come Will Eisner, Moebius, Jean-Claude Forest, Hugo Pratt (Premio speciale del quindicesimo anniversario) Jacques Tardi, Morris, Enki Bilal, Robert Crumb, Albert Uderzo (Premio speciale del millennio), Art Spiegelman, Bill Watterson e Katsuhiro Otomo.
Insomma, non ne danno tanti e non li danno al primo che capita…
Il 5 gennaio 2016 gli organizzatori del Festival di Angoulême hanno reso nota una lista di trenta autori di fumetti candidati all’edizione 2016 Grand Prix. Il secondo passo sarebbe dovuto essere la selezione ulteriore di tre di essi e il terzo passo sarebbe dovuto essere l’assegnazione del Grand Prix a uno dei tre.
Qualcosa si è inceppato. È stato notato che fra i trenta candidati al Grand Prix non c’è nemmeno una donna, e così ben dieci autori candidati hanno rifiutato di concorrere per il premio in segno di solidarietà nei confronti delle donne che fanno fumetti oppure per protestare contro una selezione che da più parti è stata definita sessista. Gli autori che hanno scelto di non gareggiare per il premio sono Daniel Clowes, Chris Ware, Charles Burns, Riad Sattouf, Joann Sfar, Milo Manara, Pierre Christin, Etienne Davodeau, Christophe Blain e Brian Michael Bendis. L’organizzazione del festival è corsa al riparo annunciando che saranno aggiunte delle donne nella lista dei finalisti.
La polemica ha avuto risonanza mondiale, sia per la caratura e per il numero degli autori coinvolti sia per l’importanza del premio. È intervenuta anche Fleur Pellerin, Ministro della cultura in Francia, affermando di essere un po’ turbata dal fatto che in una lista di trenta autori non ci fosse nemmeno una donna.
Il direttore del festival Franck Bondoux, intervistato da Télérama, ha affermato che “Il Festival ama le donne, ma non si può riscrivere la storia del fumetto”.
E ha ragione Bondoux: per decenni la storia del fumetto è stata fatta principalmente da autori di sesso maschile. È normale che i vincitori fino a oggi siano quasi tutti uomini e che i candidati siano quasi tutti (o tutti, come è successo quest’anno) uomini.
Chi contesta la scelta della giuria dovrebbe fare due cose. Innanzitutto dovrebbe produrre un lungo elenco di autrici che meritano un premio alla carriera così prestigioso, un premio che è stato vinto da Moebius, Pratt, Watterson e Otomo e che vanta fra i candidati dell’edizione del 2016 Alan Moore, Frank Miller, Lorenzo Mattotti e Alejandro Jodorowsky. Parlo di autrici di prima grandezza, non di oneste professioniste da elencare solo perché donne, che sarebbero le prime a provare imbarazzo per essere state infilate a forza in un contesto che non appartiene loro. Le autrici meritevoli esistono, ci mancherebbe. Per esempio Grazia Nidasio, Alison Bechdel, Marjane Satrapi, Rumiko Takahashi, Riyoko Ikeda, Moto Hagio e Ai Yazawa. Probabilmente ce ne sono altre, ma quante altre?
In secondo luogo i contestatori dovrebbero fare un elenco di uomini all’altezza di vincere il premio. Sicuramente l’elenco sarebbe molto lungo. Sarebbe nettamente più lungo di quello delle donne.
In passato il fumetto è stato appannaggio principalmente dei maschi. I premi alla carriera vengono assegnati ad autori che una carriera l’hanno avuta (i vincitori del Grand Prix hanno in media 50 anni e solo in cinque occasioni il premio è stato assegnato ad autori trentenni), non all’ultimo arrivato che ha azzeccato un libro nel 2015 e sul quale si prova a scommettere. E gli autori che hanno avuto una carriera, oggi, provengono da un mondo che era principalmente maschile. Volere inserire forzatamente la componente femminile in un contesto che era principalmente maschile significa riscrivere la storia del fumetto, e riscriverla in maniera falsa. Non che le donne in passato siano sempre state estranee al mondo del fumetto (sopra ho scritto che donne meritevoli di vincere il premio ce ne sono), ma fare finta che le donne abbiano avuto un impatto determinante nella storia del fumetto significa raccontare una bugia.
Le vittime di questa bugia sono le donne. La candidatura di trenta uomini al Grand Prix descrive il mondo del fumetto come era in passato e come si vorrebbe che non fosse. Fare una fotografia veritiera del passato aiuta a mettere a fuoco il problema e a cercare soluzioni per superarlo (visto che ancora oggi le donne che fanno fumetti sono una piccola minoranza). Cosa succederebbe se venisse dato uno spazio abnorme alle donne? Esauriti in fretta i nomi di prima grandezza, si sarebbe costretti a raschiare il fondo del barile pur di dare uno spazio obbligatorio alle donne. Le autrici finirebbero con il conquistare uno spazio per via della femminilità anziché della bravura. Sarebbe svilente per le donne e irritante per gli uomini.
Le vittime di questa bugia sono anche gli uomini. Il tentativo di dare alle donne un rilievo che non hanno avuto nella storia del fumetto è una discriminazione sessista nei confronti dei fumettisti di sesso maschile che un ruolo di primo piano lo hanno avuto.
La candidatura di trenta maschi al Grand Prix de la Ville avrebbe dovuto essere l’occasione per scrivere il futuro, non per riscrivere il passato a proprio comodo.
Meglio stendere un velo pietoso sul comportamento dell'associazione di autrici Collectif des créatrices de bande dessisée contre le sexism, che ha invocato il boicottaggio del premio da parte dei trenta candidati, e degli organizzatori del Festival di Angoulême, che hanno ceduto alle proteste inserendo in un secondo momento sei donne fra i finalisti (Lynda Barry, Julie Doucet, Moto Hagio, Chantal Montellier, Marjane Satrapi, Posy Simmonds).

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